Sedici anni. Venticinque anni.
Verità e giustizia. Oggi per il manifesto. Sempre per il manifesto, Carlo.
Ero nel reparto di ragazzi residenziali quando uccisero Falcone, quando uccisero Borsellino, quando fu ucciso Carlo Giuliani, quando l’11 settembre. Curioso vivere cose storiche quando un po’ si fa la storia, insieme ad altri, di quella che era la mia seconda casa, il reparto, la “casetta”, all’epoca. Ad esempio preparavo un campeggio coi ragazzi quando fecero saltare in aria Borsellino. O seguivo la tv e Genova che volevo vedere amici scout (che fortuna, erano lì). Poi gli scontri, la confusione. E la morte di un ragazzo. E mi è sembrato di conoscerlo da sempre Carlo (come poi la stessa sensazione ebbi per Enzo Baldoni e poi Giulio Regeni), e mi è sembrato di capirlo, di capire. Da subito. L’Ingiustizia (proprio quella simile alla mafia, per falcone e borsellino, lo stesso tradimento di Stato). Un disegno su una tavola di legno (purtroppo andata persa), subito per Carlo.
Poi l’angoscia e tutta la notte a seguire Rai news che seguiva radio popolare (se non erro) e la scuola Diaz. E Bolzaneto. Incredulo. Assurdo.
Vana attesa poi delle responsabilità di quelli di cui devo aver fiducia. Dei –cavalieri- che devono difendere, con la legge, gli ultimi (che ai primi non gli serve mica la legge). Difendere, ammettendo e scusandosi per il macello (senza metafore), perché una Persona lo fa (volevo dire un Uomo, ma lassamo perde). Persone.