Hanno privatizzato la politica

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Le vignette: quella accanto uscirà domani su Liberazione e quella sotto è uscita ieri su Emme (lUnità). Ieri, invece, su Liberazione era uscita questa.
Poi ricevo da Riccardo Orioles e pubblico volentieri, una implacabile e lucida analisi del dopo voto. Si può essere più o meno d’accordo, ma certamente è una disamina che non fa sconti a nessuno, compresi ognuno di noi, un contributo di riflessione prezioso e difficile da rintracciare in qualsivoglia giornale. Buona lettura, fino in fondo.
Promemoria. In sostanza, dopo la tivvù, l’acqua, i telefoni e un po’ di altre cose, hanno privatizzato la politica. Puoi votare Coca-cola e questo è facile, basta votare per l’uomo più ricco del regno sperando che qualche soldino rotoli fino a te. O puoi votare Pepsi, e qui devi perdere un po’ più di tempo a leggere i giornali. Comunque per uno dei due. Alla fine ha vinto Berlusconi ma ha vinto – a modo suo – pure Veltroni. Abbiamo perso Peppone, Don Camillo, ed io. La politica è una cosa troppo importante per lasciarla fare alla gente comune, è l’idea di ora.
Possiamo applaudire i politici, gridare viva e abbasso, ma far politica noi poveracci è cosa ormai d’altri tempi, come il maestro Manzi o l’idrolitina. Veltroni non solo non si dimette, ma è anzi commosso; Berlusconi non solo non finirà in galera, ma ci manderà giudici e carabinieri. E va bene. Adesso spariamo un po’ sulla croce rossa. Veltroni. Andare a una lotta per un premio di maggioranza proclamando per prima cosa “corro da solo” significa istantaneamente trasmettere il messaggio “cerchiamo di perdere le elezioni, e in compenso sbarazziamoci di Prodi, di D’Alema, dei cortei, dei sindacati e di tutte quelle noiose faccende che c’impediscono di fare i Grandi Leader senza dar conto a nessuno”. Confusione e basta. Ora non c’è più confusione, c’è Dell’Utri, c’è Calderoli, pazienza, in compenso nel nostro feudo finalmente comanda uno solo. Come in Russia, dove Putin del comunismo s’è tenuto il potere assoluto e la disciplina, e ha buttato alle ortiche tutto il resto. (Una campagna cominciata con un “Vinceremo come i Giants di Chicago” e finita con un “Pronto Duce? Mi congratulo per la sua vittoria! Come fa Al Gore!”). Bertinotti. Si poteva fare una sinistra decente. Con Vendola, con Zanotelli, comunque non con un segretario di partito. S’è fatta una sinistra di notabili, col capo del partito A, il vicecapo del B, ecc. Tutankamon in rappresentanza di Egitto Alternativo, Hammurabi per la Sinistra Babilonese, ecc. “Mi dimetto” è una risposta da otto settembre. –br–Il problema non era attacccarsi o meno alla falcemartello (la coperta di Linus). Era se fare una sinistra di giovani, con tutti i particolari antipatici che ciò comporta, o mantenersi attaccati alle piccole poltrone foderate di rosso. Beppe Grillo. Tanto utile prima, quanto coglione poi. “Non si vota! Astensione!” e un minuto dopo “Vota Puro-e-Duro! La lista della rivoluzione!” (questo in Sicilia) è esattamente quel che faceva, temporibus illis, “Servire il Popolo”. E’ andata com’è andata. Di Pietro. Non mi ha nemmeno telefonato per dirmi che non è d’accordo col suo collega di schieramento Salvo Andò, quello che ha messo in programma “basta coi professionisti dell’antimafia” (cioè, filologicamente, con Paolo Borsellino). Orlando, per prima cosa, ha detto che “perlomeno ci siamo sbarazzati della sinistra”. Anche i migliori peggiorano, con le cattive compagnie. Dalla Chiesa. Non ha preso neppure un voto. Più che altro perché non l’hanno neanche candidato. I voti, a Milano, li doveva portare il figlio di Colaninno. Napoleonico. Finocchiaro. Era la Segolène italiana, era la futura presidente del consiglio donna, era qua, era là. Ora è semplicemente il politico più catastrofico dell’intera storia politica della Sicilia. Che avrebbe straperso si sapeva già, visto che non aveva mai vinto un’elezione. E allora perché l’hanno presentata (non ci voleva un genio per capire che la Borsellino avrebbe preso più voti)? Perché l’ha ordinato Veltroni, alla faccia della democrazia. E noi antimafiosi non siamo stati nemmeno capaci (ognuno per sè e Dio per tutti) di tenerla lontana da un’elezione in cui ci si giocava dieci anni di Sicilia. Bossi. E’ riuscito a far digerire ai lombardi la perdita delle fabbriche, che ora sono in Cina. Bravo. Come Goebbels, quando riuscì a persuadere gli operai di Berlino che la colpa dell’inflazione era degli ebrei. Fini. Fini chi? Prodi. Per ironia della storia, l’unico a far vincere (per due volte) la sinistra è stato un democristiano. E – ironia esagerata – per due volte è stato accoltellato alle spalle da un ex “comunista”. Cipputi. Il popolo di sinistra. Il meglio dell’Italia, quel che una volta ne faceva un paese civile. Ha votato disciplinatamente come gli hanno detto i capi. I capi via via erano Stalin, Togliatti, Berlinguer, Occhetto, D’Alema, Arlecchino. Hanno obbedito a tutti, con eroica disciplina. Forse sarebbe stato meglio obbedire di meno e ragionare di più. Noialtri. Non siamo stati all’altezza. Neppure i socialisti lo erano stati, quando salì Mussolini. Erano convinti che si trattasse ancora di destra e sinistra, che Benito fosse solo un sabaudo più cattivo degli altri. Non era così. Ci vollero proprio i giovani per capirlo (Gobetti, Gramsci e compagnia) e anche stavolta le carte della sinistra sono in mano all’ultima generazione. Ai vecchi il compito, essenzialmente e per chi ce la fa, di non tradire. I partiti che butteranno giù Berlusconi non hanno ancora neanche un nome. Eppure in un certo senso stanno già nascendo, e proprio ora.

Written by Mauro Biani

Aprile 15th, 2008 at 9:59 pm

6 Responses to 'Hanno privatizzato la politica'

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  1. Condivido tutto.

    Ciao.

    utente anonimo

    16 Apr 08 at 13:53

  2. ottima e lucidissima analisi.

    kiboko

    16 Apr 08 at 14:07

  3. Questo voto, più degli altri, è il voto del popolo contro l’establishment.

    Due anni fa molti intellettuali e alcuni dei più importanti giornalisti italiani inneggiavano al cambiamento dell’Italia, che sarebbe stato portato da una coalizione progressista, egemonizzata culturalmente dalla Rosa nel pugno. Finalmente, dicevano, si sarebbe assistito alla fine dell’Italia delle appartenenze ideali, per permettere l’avvento di una posizione culturale “zapateriana” sul piano dei diritti della persona, imperniata su un solido statalismo nel welfare e nell’istruzione e su uno stravolgimento delle caratteristiche economiche del nostro Paese rendendolo pedina coloniale di un sistema internazionale governato dalla grande finanza.

    Il Governo Prodi è stato invece un disastro e ha smentito clamorosamente tutte queste previsioni: la mentalità radical chic ha tentato di introdurre leggi su matrimoni invisi a una cultura popolare per quanto secolarizzata; lo statalismo ha ostacolato in tutti i modi i tentativi di ripresa del mondo produttivo italiano (che continua a incrementare le esportazioni, ma è bloccato da lacci e laccioli enormi); l’ostinazione nell’opporsi ad autonomia e parità ha peggiorato ancor di più la qualità della scuola; la pressione fiscale non accompagnata da una riduzione della spesa pubblica clientelare ha compresso i salari e reso più difficile la situazione economica di tutti; il centralismo burocratico ha impedito l’avvento di un welfare sussidiario, mortificato ulteriormente il Nord, non risolto alcun problema al Sud.

    Di fronte a tutto questo è riemerso un voto di reazione contro chi opprime un’Italia che non è solo l’Italia dei consumatori, ma è anche l’Italia dei produttori e di chi genera nuove iniziative; un’Italia del Nord che non vuole dividersi dal Sud, ma vuole poter produrre senza essere vessata; un’Italia che non è quella degli evasori, ma di quelli che costruiscono e che vogliono tasse eque; l’Italia della scuola libera e autonoma, contro chi, dalle colonne di certi giornali, bolla da sempre la libertà di educazione come il principale fattore che limita la possibilità di una vera cultura.

    Per questo è stato punito chi è l’anima di questo tentativo: la sinistra radicale, giustificata moralmente da un certo cattocomunismo, e gli intellettuali e opinionisti che volevano imporre la loro ideologia al popolo italiano considerato incapace di scegliere il suo destino. Per questo gli italiani non hanno voluto fare del nuovo centro post democristiano, l’ago della bilancia, perché pone la novità sullo schieramento e non capisce questa necessità di cambiamento nei contenuti della politica. Per questo l’importante e coraggiosa scelta di Veltroni di far correre il PD da solo senza la sinistra radicale non è stata premiata dagli elettori, perché insieme a personalità portatrici di un reale cambiamento, forti sono, nel suo partito, legami con quel vecchio mondo politico, protagonista del recente passato statalista. Per questo il successo del centrodestra è stato di proporzioni impensate non solo per la Lega, ma anche per Regioni come la Lombardia dove tale schieramento non è solo il punto di sfogo dei mal di pancia, ma un esempio di un nuovo modo di governare suggellato dalla conquista dell’Expo e da una vera svolta sussidiaria per lo sviluppo e la solidarietà, attraverso personalità come il governatore Formigoni e il sindaco Moratti. Proprio la Lombardia, con la sua politica sussidiaria, i “voucher”, le “doti”, le piccole e medie imprese che vanno all’estero, le infrastrutture che cominciano a funzionare, le persone anziane che invece di finire in un pensionato possono vivere con la famiglia, la formazione professionale che non è più clientelare, la possibilità che la scuola cominci a offrire quella opportunità di scelta che le famiglie desiderano, la sanità “mista”, ai vertici internazionali per la qualità, può essere l’esempio che trasforma un voto di protesta in una possibile svolta.

    Non basta infatti al centrodestra aver vinto le elezioni: senza un cambiamento antropologico e culturale si finirebbe per rendere scontenti ancora gli italiani, come lo sono stati per il precedente governo Berlusconi. Occorre a livello popolare la ripresa dell’educazione a una fede e a valori ideali che hanno dato al nostro Paese le motivazioni e l’intelligenza per superare ogni crisi. Occorre una svolta culturale che mostri, nello spirito di quanto disse Don Giussani al congresso della Dc lombarda di Assago nel 1987, che la politica non salva l’uomo, ma può aiutare un cambiamento che nasce dalla società e dai suoi movimenti e, ancor di più, dal desiderio non sopito del cuore dell’uomo.

    Questo e non qualche demiurgo o, peggio, le grida di quei giornali ciechi alle devastazioni di una finanza e di un mercato selvaggi, potranno aiutare il futuro governo a non sprecare ancora una volta la fiducia accordata dagli italiani. In questo senso è necessario un disegno riformatore largamente condiviso, come auspicato dagli italiani nelle risposte al Rapporto 2007 “Sussidiarietà e riforme istituzionali”. La semplificazione delle forze parlamentari lo favorisce e le prime dichiarazioni di Berlusconi che propone riforme condivise riesumando la bicamerale per le riforme, sono di buono auspicio in questo senso.

    Infine, perché tutto questo si avveri, è necessario un rinnovamento della compagine ministeriale, che si allontani da ciò che si è visto in liste elettorali decise dalle segreterie dei partiti e popolate spesso da personaggi che gli italiani non avrebbero mai mandato a Roma se avessero potuto sceglierli. Occorrono personalità che scommettano realmente sul primato della società e di ciò che sussidiariamente ne nasce. Diversamente, una volta di più, una rondine non farà primavera, con risultati disastrosi per tutti.

    utente anonimo

    16 Apr 08 at 18:35

  4. anonimo #3, cos’è il Piano di Rinascita Ciellino?

    Adele

    utente anonimo

    16 Apr 08 at 19:03

  5. Vago per internet in questa serata post-catastrofe, cercando qualcuno che sappia donarmi una scossa di vita…ti ho trovato senza averti cercato, caro Mauro, e nelle parole “I partiti che butteranno giù Berlusconi non hanno ancora neanche un nome. Eppure in un certo senso stanno già nascendo, e proprio ora.” mi danno quella scossa che cercavo.

    Si dice che il fuoco purifichi, e che nelle difficoltà si da’ il meglio di sé…ti ho ritrovato, caro Mauro, e ti cercherò spesso in questo tempo di silenzioso risveglio. Grazie. Un tuo amico tirocinante.

    utente anonimo

    17 Apr 08 at 00:07

  6. Siete stati la rovina dell’europa dell’est e dell’italia, unico paese dove c’è ancora gente che svenDola bandiere con la falce e martello (insieme ad un altro micro partito greco). E’ ora che vi estinguiate, feccia!

    utente anonimo

    17 Apr 08 at 09:23

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