7 Nov 07 at 11:29 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Ti ho già detto di essere a disposizione per un eventuale contributo nell’eventualità, no? (ci capiamo) 😀
Quando ieri il piccoletto ha detto che stimava molto Il Grande, devo dire la verità, mi è venuto da vomitare. Almeno il pudore di stare zitto dopo averlo costretto, sapendo che era anziano ed aveva gli anni contati, a cinque anni di silenzio lontano dai suoi telespettatori/lettori. Lui ne ha sofferto molto e questo non ha certo contribuito a migliorare la sua salute.
7 Nov 07 at 12:58 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Biagi era molto bravo a salire sul carro giusto al momento giusto, per il resto era un mediocre giornalista da bollettino parrocchiale che ha cambiato posizioni politiche una infinità di volte. La biografia di Agnelli che incensava la famiglia oltre ogni decenza, ignorando tutto il resto, gli aprì le porte delle lucrose pubblicazioni confindustriali e di tutta la pubblicistica aziendale.
Riposi pure in pace per carità, ma non si venga a dire che era un campione di libertà, perchè è falso.
utente anonimo
7 Nov 07 at 15:05 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Gran bella vigna, il signor Biagi vedendola sorriderebbe di sicuro(ridere non l’ho mai visto)! Anche io ho pensato per prima cosa al nano imbavagliatore….
7 Nov 07 at 16:06 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
La volpe che non può arrivare all’uva dice che è acerba.
Caro anonimo, non mi sento certo all’altezza di difendere Biagi che fra l’altro non ne ha davvero bisogno. Rileggiti la storia: di Biagi, del giornalismo e di questo paese. E non guardare solo quello che ti fa più comodo, distorcendolo a favore delle tue tesi. Biagi è stato cacciato più volte dai suo editori (Il Resto del Carlino, la Rai) proprio perchè non accettò di piegarsi a certe logiche. Aveva le sue idee, condivisibili o meno, e le difendeva. E questo è davvero un grande nmerito, visti gli scribacchini leccaculo (sul serio) e prezzolati che girano nella nostra informazione. Il giornalismo di Biagi non era un giornalismo da bollettino parrocchiale. La sua scrittura semplice e scevra da ogni tentazione snobistica e da qualsiasi vizio intellettualistico era proprio la sua forza. Un giornalismo per tutti, e non per una elite che si scrive e si legge da sola. Quella elite che gode a lasciare le masse nell’ignoranza ed in preda del gossip e della cronaca vouyeristica. Purtroppo mi rendo conto che il radicalchichismo ancora esiste, a sinistra purtroppo.
E almeno abbi il coraggio di firmare le cose che dici.
Ecco chi era Biagi e un piccolo esempio del suo giornalismo:
7 Nov 07 at 16:11 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Ah, dimenticavo, per chiarire meglio quello che intendevo dire, riporto un commento che ho già scritto su un altro blog:
Una frase ricorre nei pensieri della gente comune che ha visitato la camera ardente di Enzo Biagi “Si faceva capire da tutti“. Ecco, questa è una delle qualità più importanti che dovrebbe avere un bravo reporter, oltre alla libertà, alla capacità di avvicinarsi all”altro” e saperlo ascoltare senza diventare lui il protagonista ed alla resistenza fisica e psicologica. E lui le aveva tutte.
7 Nov 07 at 16:48 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
“Sto dall’altra parte, quella che simpaticamente il premier ha definito «coglioni». Credo che tutti i giovani, figli di ricchi o di poveri, debbano avere gli stessi diritti allo studio e uguali possibilità nell’affrontare la vita; credo nella magistratura, nella sua indipendenza, e che tutti possano difendersi qualunque sia il conto in banca, quindi non credo alle trame; credo nella libertà di espressione, cioè giornali e televisioni liberi di criticare il potere; credo che non debbano esserci prevaricazioni né leggi ad personam, per sé, familiari o amici; credo che la pace debba sempre vincere sulla guerra; infine credo che non si debbano imbarcare fascisti e neonazisti per un pugno di voti. Non mi fido di chi ha avuto cinque anni e li ha spesi male. E non ho mai sopportato quelli che fanno promesse e non le mantengono.” (Enzo Biagi dal Corriere della Sera, 9 aprile 2006)
7 Nov 07 at 16:52 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
A un anonimo in genere non si risponde perchè non esiste. Chi è, che statura ha uno che neppure si firma? Ma giusto per chiarire, Biagi è stato cacciato via un’infinità di volte proprio perchè non si allineava ai potenti. Quella del nano è solo l’ultima e tutto sommato la più squallida. Altri ben più grandi gli hanno fatto la guerra perchè non gestibile e lui si è sempre licenziato piuttosto che fare il servo. Fatti, non parole. Come ci ha insegnato lui.
8 Nov 07 at 10:54 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Per Mericonci l’indignata, anzitutto non sono affatto un anonimo, non ce l’ho messa io quella scritta.
Secondo radicalchic sarà tua nonna, e pensaci prima di attribuire al prossimo delle patenti così a capocchia.
Terzo per tutti i moralisti, che mi pare qui abbondino, annuncio (ma che diamine!) che mi chiamo Alessio Forni e la mia mail è alessioathome@gmail.com.
Ecco servita Mericonci che si indigna per l’anonimato.
Quanto al fatto che Biagi non si allineasse con i potenti è solo la classica assoluzione da coccodrilli post mortem.
Pochi giornalisti in realtà erano così deferenti con il potere come Biagi, del resto non avrebbe fatto la carriera che ha fatto se non fosse così. Non sarebbe stato con la destra, con il centro e con la sinistra se non fosse così.
Non avrebbe scritto migliaia di lucrosisissime veline aziendali se non fosse così.
Ma ovviamente ognuno è libero di crederlo un eroe della libertà se gli fa piacere.
ALESSIO FORNI (capito mericonci? va bene così?)
utente anonimo
8 Nov 07 at 12:43 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
8 Nov 07 at 16:32 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Enzo Biagi era un cronista. Lo ripeteva sempre e pareva il vezzo di un giornalista famoso, popolarissimo, pluridirettore, che si rifugiava dietro un abito professionale ordinario. Ma non era un vezzo, era la sostanza viva del suo mestiere. Testimoniata da uno stile tutt’altro che letterario, scarno, efficace, che gli impedì (per sua fortuna) di diventare mai un opinionista o un elzevirista come ce ne sono tanti. Anche i suoi commenti e le sue rubriche erano fatti di spunti di cronaca, di memorie personali, un montaggio “dal vivo” che raramente assumeva la forma tradizionale dell’editoriale in punta di penna. Era capace di lavorare solo sui materiali empirici, toccati con mano. La sua esperienza, i suoi incontri, i suoi appunti. Un giornalismo “di strada”, anti-intellettuale, direttamente indirizzato alla sostanza delle vicende umane, al senso comune, a una “normalità” così rara nel mondo barocco dei media, che riusciva a toccare le corde del pubblico popolare e che gli aprì le porte di un clamoroso successo televisivo.Il titolo del suo programma di maggiore impatto e di maggiore ascolto non per caso fu “Il fatto”, una sorta di rivendicazione asciutta della materia prima del giornalismo. Usava la televisione come un foglio di carta, ovviamente conoscendone la potenza centuplicata, ma ignorandone ostentatamente tutto l’armamentario di effetti, il linguaggio pletorico e/o aggressivo, la rumorosità e la lucentezza eccessiva. In video era quasi monastico, una scrivania e poche parole, e quella mezza figura inquadrata – il famoso “mezzobusto” di Saviane – trovò attraverso l’understatement di Biagi una sorta di fantastico riscatto. Come se il tono basso, l’abito grigio, l’espressione pacata, servissero soprattutto a scardinare la presunzione televisiva e ridare centralità assoluta alla parola, alle facce e alle persone.Nei primi anni Novanta, quando lui era uno dei primi tre giornalisti italiani (gli altri erano Bocca e Montanelli) e io poco più che un pivello, mi chiese se poteva venire nella redazione di “Cuore” per intervistarmi a proposito della satira. Si presentò con un impermeabile chiaro e una borsa di cuoio, tirò fuori penna e taccuino e cominciò a farmi domande. Poca conversazione informale, pochi convenevoli, quella era un’intervista e dunque una situazione professionale. Quello era mestiere. Rimasi sbalordito dallo spettacolo del vecchio gigante che appuntava diligentemente sul taccuino le parole di un ragazzo. Capii che Enzo Biagi era davvero un cronista, che quello voleva essere ed era sempre stato.L’ostracismo da lui patito negli ultimi anni non è stato dunque rivolto contro una posizione culturale o politica. E’ stato rivolto contro il giornalismo, che lui personificava come pochi altri. Michele Serra
8 Nov 07 at 16:46 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Biagi ha scritto 80 libri, io credo che bisognerebbe istintivamente diffidare di chi fa lo scrittore a cottimo e confonde la produzione di letteratura con la produzione massiva di salumi.
Io un momento di confusione mentale ne ho comprato uno di ottanta, “Disonora il padre”, e l’ho persino letto. Non mi sono mai annoiata tanto in vita mia.
Ben arrivato Biagi ovunque tu sia arrivato, pensa a quanti diritti d’autore ti stai perdendo.
9 Nov 07 at 09:07 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
scusa Mauro, apperentemente ciò che ti invio non centra nulla con i commenti su Biagi: è una notizia di poco fa.Molto inquietante per noi satirici. Te la giro:
La Cassazione pone limiti
alla satira e alle vignette
Dopo la denuncia dell’allora pm di Palermo Gian Carlo Caselli per una vignetta di Forattini pubblicata da «Panorama» nel ’98, la Suprema Corte fissa i paletti ai quali d’ora in avanti dovranno attenersi i vignettisti e chiarisce che non è ammessa la satira che «si risolva in un insulto gratuito alla persona» o che punti a «ridicolizzare» troppo le istituzioni
ROMA – La satira deve fare «ridere» ma non «ridicolizzare» troppo le istituzioni. A sostenerlo è la Cassazione che chiarisce che il lavoro dei vignettisti, pure se svincolato dalle «forme convenzionali» cui deve sottostare la scrittura, deve rispettare dei limiti. La Suprema Corte fissa così i paletti ai quali d’ora in avanti dovranno attenersi i vignettisti e chiarisce che non è ammessa la satira che «si risolva in un insulto gratuito alla persona in quanto tale o nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni magistrati (il caso è sorto da una denuncia dell’allora pm di Palermo Gian Carlo Caselli, ndr) posta in essere allo scopo di denigrare l’attività professionale da loro svolta attraverso l’allusione a condotte lesive del dovere funzionale di imparzialità». In questo modo, la Terza sezione civile (sentenza 23314) ha confermato la condanna al pagamento di 50 milioni di vecchie lire a titolo di danno morale, oltre ad altri 10 milioni come riparazione pecuniaria, nei confronti di Giorgio Forattini e della Mondadori per avere pubblicato su «Panorama» del 27 agosto del ’98 nella rubrica «mascalzonate» una vignetta «raffigurante uno scheletro con un ciuffo di capelli bianchi a forma di falce ed una sciarpa rossa che teneva in mano la pistola e nell’altra la bilancia simbolo della giustizia». La vignetta aveva suscitato l’ira dell’allora Procuratore di Palermo, Gian Carlo Caselli, che si era riconosciuto nella vignetta «e con evidente allusione gli si attribuiva la responsanbilità del suicidio di Luigi Lombardini avvenuto in occasione del suo interrogatorio da parte di un pool della procura presso il Tribunale da lui guidato». Secondo la Cassazione, che ha respinto il ricorso del noto vignettista e della Mondadori, la vignetta di Forattini era «offensiva».
9/11/2007
Ciao Nick
utente anonimo
9 Nov 07 at 15:13 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Le parole e chi ne abusa
di ENZO BIAGI (5.11.2003)
Mi scuso, come cittadino italiano, per le stravaganze verbali del nostro presidente del Consiglio, ma qualche volta prima parla e poi pensa. Crede, per esempio, che il fratello di Romolo si chiamasse Remolo, che il «kapò» sia un termine pugilistico. Qualche tempo fa voleva andare a salutare «papà Cervi», deceduto nel 1970. Ma è stato eletto democraticamente, cioè lo abbiamo voluto, ed è risaputo che ogni popolo ha il governo che si merita. Il nostro è guidato dall’onorevole Berlusconi, e in certi momenti si ha l’impressione, vedi quello che è successo a Strasburgo dove ha chiamato i suoi colleghi «turisti della democrazia», si ha la sensazione che gli manchino le basi per esercitare certe funzioni, e che non bastino certi tacchi per rimediare l’altezza.
Secondo «Le Figaro», il Berlusca, come viene chiamato cordialmente, «fa saltare il costume diplomatico», e «il cancelliere tedesco ha accettato le scuse del primo ministro italiano». È in discussione, secondo la stampa straniera, la sua capacità a guidare nei prossimi sei mesi l’Europa.
Certo, senza guardarsi in giro, basta vedere come Berlusconi tratta con disprezzo la magistratura del nostro Paese. Non è solo urgente la necessità di «abbassare i toni», ma di tacere. È vero che Dio ha dato all’uomo il dono della parola, ma Berlusconi ne approfitta. Ha perfino l’intervistatore di fiducia: non ama le domande così dette «provocatorie» ma neppure i monologhi possono essere presentati come colloqui.
Appena arrivato a Palazzo Chigi Berlusconi si è comportato come se fosse entrato in «ditta»: ha risolto con un tratto di penna i suoi casi, tipo «falso in bilancio», il che autorizzerebbe noi sudditi a presentare la prossima dichiarazione dei redditi con qualche aggiustamento.
Ancora una conferma che la legge è uguale per tutti, ma per qualcuno di più. Quando noi eravamo scolaretti insegnavano che tra i peccati gravi c’è la bugia: se la dico io sono un mentitore, se la dice un politico è uno stratega.
“Le parole e chi ne abusa” (e manipola i fatti), anche qui.
Riposi in pace :,(
flybynight
7 Nov 07 at 04:15 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
E’ morto un grande giornalista.
utente anonimo
7 Nov 07 at 08:53 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Sintesi folgorante!
dirkgently1
7 Nov 07 at 09:20 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
…che vomito quello che c’è in giro…
and
utente anonimo
7 Nov 07 at 10:47 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
lo grande era davvero un grande. mi piace l’espressione che gli hai disegnato 🙂
animasalva
7 Nov 07 at 11:29 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Ti ho già detto di essere a disposizione per un eventuale contributo nell’eventualità, no? (ci capiamo) 😀
Quando ieri il piccoletto ha detto che stimava molto Il Grande, devo dire la verità, mi è venuto da vomitare. Almeno il pudore di stare zitto dopo averlo costretto, sapendo che era anziano ed aveva gli anni contati, a cinque anni di silenzio lontano dai suoi telespettatori/lettori. Lui ne ha sofferto molto e questo non ha certo contribuito a migliorare la sua salute.
mericonci
7 Nov 07 at 12:58 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Biagi era molto bravo a salire sul carro giusto al momento giusto, per il resto era un mediocre giornalista da bollettino parrocchiale che ha cambiato posizioni politiche una infinità di volte. La biografia di Agnelli che incensava la famiglia oltre ogni decenza, ignorando tutto il resto, gli aprì le porte delle lucrose pubblicazioni confindustriali e di tutta la pubblicistica aziendale.
Riposi pure in pace per carità, ma non si venga a dire che era un campione di libertà, perchè è falso.
utente anonimo
7 Nov 07 at 15:05 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Gran bella vigna, il signor Biagi vedendola sorriderebbe di sicuro(ridere non l’ho mai visto)! Anche io ho pensato per prima cosa al nano imbavagliatore….
zigotecomics
7 Nov 07 at 16:06 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
La volpe che non può arrivare all’uva dice che è acerba.
Caro anonimo, non mi sento certo all’altezza di difendere Biagi che fra l’altro non ne ha davvero bisogno. Rileggiti la storia: di Biagi, del giornalismo e di questo paese. E non guardare solo quello che ti fa più comodo, distorcendolo a favore delle tue tesi. Biagi è stato cacciato più volte dai suo editori (Il Resto del Carlino, la Rai) proprio perchè non accettò di piegarsi a certe logiche. Aveva le sue idee, condivisibili o meno, e le difendeva. E questo è davvero un grande nmerito, visti gli scribacchini leccaculo (sul serio) e prezzolati che girano nella nostra informazione. Il giornalismo di Biagi non era un giornalismo da bollettino parrocchiale. La sua scrittura semplice e scevra da ogni tentazione snobistica e da qualsiasi vizio intellettualistico era proprio la sua forza. Un giornalismo per tutti, e non per una elite che si scrive e si legge da sola. Quella elite che gode a lasciare le masse nell’ignoranza ed in preda del gossip e della cronaca vouyeristica. Purtroppo mi rendo conto che il radicalchichismo ancora esiste, a sinistra purtroppo.
E almeno abbi il coraggio di firmare le cose che dici.
Ecco chi era Biagi e un piccolo esempio del suo giornalismo:
Le puntate di RT – Rotocalco Televisivo
Biagi a "Che tempo che fa"
mericonci
7 Nov 07 at 16:11 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Ah, dimenticavo, per chiarire meglio quello che intendevo dire, riporto un commento che ho già scritto su un altro blog:
Una frase ricorre nei pensieri della gente comune che ha visitato la camera ardente di Enzo Biagi “Si faceva capire da tutti“. Ecco, questa è una delle qualità più importanti che dovrebbe avere un bravo reporter, oltre alla libertà, alla capacità di avvicinarsi all”altro” e saperlo ascoltare senza diventare lui il protagonista ed alla resistenza fisica e psicologica. E lui le aveva tutte.
mericonci
7 Nov 07 at 16:48 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
“Sto dall’altra parte, quella che simpaticamente il premier ha definito «coglioni». Credo che tutti i giovani, figli di ricchi o di poveri, debbano avere gli stessi diritti allo studio e uguali possibilità nell’affrontare la vita; credo nella magistratura, nella sua indipendenza, e che tutti possano difendersi qualunque sia il conto in banca, quindi non credo alle trame; credo nella libertà di espressione, cioè giornali e televisioni liberi di criticare il potere; credo che non debbano esserci prevaricazioni né leggi ad personam, per sé, familiari o amici; credo che la pace debba sempre vincere sulla guerra; infine credo che non si debbano imbarcare fascisti e neonazisti per un pugno di voti. Non mi fido di chi ha avuto cinque anni e li ha spesi male. E non ho mai sopportato quelli che fanno promesse e non le mantengono.” (Enzo Biagi dal Corriere della Sera, 9 aprile 2006)
animasalva
7 Nov 07 at 16:52 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
A un anonimo in genere non si risponde perchè non esiste. Chi è, che statura ha uno che neppure si firma? Ma giusto per chiarire, Biagi è stato cacciato via un’infinità di volte proprio perchè non si allineava ai potenti. Quella del nano è solo l’ultima e tutto sommato la più squallida. Altri ben più grandi gli hanno fatto la guerra perchè non gestibile e lui si è sempre licenziato piuttosto che fare il servo. Fatti, non parole. Come ci ha insegnato lui.
latorredibabele
7 Nov 07 at 18:42 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Son d’accordo con Benigni: è stato un onore essere un contemporaneo di Biagi.
Ps
ho copiato, con citazione, la tua splendida vignetta.
Ciauz
Sioux
7 Nov 07 at 19:11 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Notizia totalmente falsa. Enzino Biagi è morto in quel di Pianoro, cadendo dalla bizicletta, addirittura nel lontano 1993.
Il personaggio che appare successivamente nelle sue vesti è in realtà un pupazzo creato da Carlo Rambaldi mixando alien, E.T. e il bisonte bianco
gianf
utente anonimo
7 Nov 07 at 20:28 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
agli anonimi si risponde di guardarsi in faccia e nel cervello se esiste.
Sentiremo la mancanza di un uomo grande così
TYTTY_
8 Nov 07 at 10:54 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Per Mericonci l’indignata, anzitutto non sono affatto un anonimo, non ce l’ho messa io quella scritta.
Secondo radicalchic sarà tua nonna, e pensaci prima di attribuire al prossimo delle patenti così a capocchia.
Terzo per tutti i moralisti, che mi pare qui abbondino, annuncio (ma che diamine!) che mi chiamo Alessio Forni e la mia mail è alessioathome@gmail.com.
Ecco servita Mericonci che si indigna per l’anonimato.
Quanto al fatto che Biagi non si allineasse con i potenti è solo la classica assoluzione da coccodrilli post mortem.
Pochi giornalisti in realtà erano così deferenti con il potere come Biagi, del resto non avrebbe fatto la carriera che ha fatto se non fosse così. Non sarebbe stato con la destra, con il centro e con la sinistra se non fosse così.
Non avrebbe scritto migliaia di lucrosisissime veline aziendali se non fosse così.
Ma ovviamente ognuno è libero di crederlo un eroe della libertà se gli fa piacere.
ALESSIO FORNI (capito mericonci? va bene così?)
utente anonimo
8 Nov 07 at 12:43 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
hopeless…
mericonci
8 Nov 07 at 13:13 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Enzo Biagi ha anche scritto la storia d’Italia a fumetti…
zigotecomics
8 Nov 07 at 16:32 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Enzo Biagi era un cronista. Lo ripeteva sempre e pareva il vezzo di un giornalista famoso, popolarissimo, pluridirettore, che si rifugiava dietro un abito professionale ordinario. Ma non era un vezzo, era la sostanza viva del suo mestiere. Testimoniata da uno stile tutt’altro che letterario, scarno, efficace, che gli impedì (per sua fortuna) di diventare mai un opinionista o un elzevirista come ce ne sono tanti. Anche i suoi commenti e le sue rubriche erano fatti di spunti di cronaca, di memorie personali, un montaggio “dal vivo” che raramente assumeva la forma tradizionale dell’editoriale in punta di penna. Era capace di lavorare solo sui materiali empirici, toccati con mano. La sua esperienza, i suoi incontri, i suoi appunti. Un giornalismo “di strada”, anti-intellettuale, direttamente indirizzato alla sostanza delle vicende umane, al senso comune, a una “normalità” così rara nel mondo barocco dei media, che riusciva a toccare le corde del pubblico popolare e che gli aprì le porte di un clamoroso successo televisivo.Il titolo del suo programma di maggiore impatto e di maggiore ascolto non per caso fu “Il fatto”, una sorta di rivendicazione asciutta della materia prima del giornalismo. Usava la televisione come un foglio di carta, ovviamente conoscendone la potenza centuplicata, ma ignorandone ostentatamente tutto l’armamentario di effetti, il linguaggio pletorico e/o aggressivo, la rumorosità e la lucentezza eccessiva. In video era quasi monastico, una scrivania e poche parole, e quella mezza figura inquadrata – il famoso “mezzobusto” di Saviane – trovò attraverso l’understatement di Biagi una sorta di fantastico riscatto. Come se il tono basso, l’abito grigio, l’espressione pacata, servissero soprattutto a scardinare la presunzione televisiva e ridare centralità assoluta alla parola, alle facce e alle persone.Nei primi anni Novanta, quando lui era uno dei primi tre giornalisti italiani (gli altri erano Bocca e Montanelli) e io poco più che un pivello, mi chiese se poteva venire nella redazione di “Cuore” per intervistarmi a proposito della satira. Si presentò con un impermeabile chiaro e una borsa di cuoio, tirò fuori penna e taccuino e cominciò a farmi domande. Poca conversazione informale, pochi convenevoli, quella era un’intervista e dunque una situazione professionale. Quello era mestiere. Rimasi sbalordito dallo spettacolo del vecchio gigante che appuntava diligentemente sul taccuino le parole di un ragazzo. Capii che Enzo Biagi era davvero un cronista, che quello voleva essere ed era sempre stato.L’ostracismo da lui patito negli ultimi anni non è stato dunque rivolto contro una posizione culturale o politica. E’ stato rivolto contro il giornalismo, che lui personificava come pochi altri. Michele Serra
mericonci
8 Nov 07 at 16:46 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Biagi ha scritto 80 libri, io credo che bisognerebbe istintivamente diffidare di chi fa lo scrittore a cottimo e confonde la produzione di letteratura con la produzione massiva di salumi.
Io un momento di confusione mentale ne ho comprato uno di ottanta, “Disonora il padre”, e l’ho persino letto. Non mi sono mai annoiata tanto in vita mia.
Ben arrivato Biagi ovunque tu sia arrivato, pensa a quanti diritti d’autore ti stai perdendo.
FranciDaFranci
9 Nov 07 at 09:07 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
scusa Mauro, apperentemente ciò che ti invio non centra nulla con i commenti su Biagi: è una notizia di poco fa.Molto inquietante per noi satirici. Te la giro:
La Cassazione pone limiti
alla satira e alle vignette
Dopo la denuncia dell’allora pm di Palermo Gian Carlo Caselli per una vignetta di Forattini pubblicata da «Panorama» nel ’98, la Suprema Corte fissa i paletti ai quali d’ora in avanti dovranno attenersi i vignettisti e chiarisce che non è ammessa la satira che «si risolva in un insulto gratuito alla persona» o che punti a «ridicolizzare» troppo le istituzioni
ROMA – La satira deve fare «ridere» ma non «ridicolizzare» troppo le istituzioni. A sostenerlo è la Cassazione che chiarisce che il lavoro dei vignettisti, pure se svincolato dalle «forme convenzionali» cui deve sottostare la scrittura, deve rispettare dei limiti. La Suprema Corte fissa così i paletti ai quali d’ora in avanti dovranno attenersi i vignettisti e chiarisce che non è ammessa la satira che «si risolva in un insulto gratuito alla persona in quanto tale o nella rappresentazione caricaturale e ridicolizzante di alcuni magistrati (il caso è sorto da una denuncia dell’allora pm di Palermo Gian Carlo Caselli, ndr) posta in essere allo scopo di denigrare l’attività professionale da loro svolta attraverso l’allusione a condotte lesive del dovere funzionale di imparzialità». In questo modo, la Terza sezione civile (sentenza 23314) ha confermato la condanna al pagamento di 50 milioni di vecchie lire a titolo di danno morale, oltre ad altri 10 milioni come riparazione pecuniaria, nei confronti di Giorgio Forattini e della Mondadori per avere pubblicato su «Panorama» del 27 agosto del ’98 nella rubrica «mascalzonate» una vignetta «raffigurante uno scheletro con un ciuffo di capelli bianchi a forma di falce ed una sciarpa rossa che teneva in mano la pistola e nell’altra la bilancia simbolo della giustizia». La vignetta aveva suscitato l’ira dell’allora Procuratore di Palermo, Gian Carlo Caselli, che si era riconosciuto nella vignetta «e con evidente allusione gli si attribuiva la responsanbilità del suicidio di Luigi Lombardini avvenuto in occasione del suo interrogatorio da parte di un pool della procura presso il Tribunale da lui guidato». Secondo la Cassazione, che ha respinto il ricorso del noto vignettista e della Mondadori, la vignetta di Forattini era «offensiva».
9/11/2007
Ciao Nick
utente anonimo
9 Nov 07 at 15:13 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Le parole e chi ne abusa
di ENZO BIAGI (5.11.2003)
Mi scuso, come cittadino italiano, per le stravaganze verbali del nostro presidente del Consiglio, ma qualche volta prima parla e poi pensa. Crede, per esempio, che il fratello di Romolo si chiamasse Remolo, che il «kapò» sia un termine pugilistico. Qualche tempo fa voleva andare a salutare «papà Cervi», deceduto nel 1970. Ma è stato eletto democraticamente, cioè lo abbiamo voluto, ed è risaputo che ogni popolo ha il governo che si merita. Il nostro è guidato dall’onorevole Berlusconi, e in certi momenti si ha l’impressione, vedi quello che è successo a Strasburgo dove ha chiamato i suoi colleghi «turisti della democrazia», si ha la sensazione che gli manchino le basi per esercitare certe funzioni, e che non bastino certi tacchi per rimediare l’altezza.
Secondo «Le Figaro», il Berlusca, come viene chiamato cordialmente, «fa saltare il costume diplomatico», e «il cancelliere tedesco ha accettato le scuse del primo ministro italiano». È in discussione, secondo la stampa straniera, la sua capacità a guidare nei prossimi sei mesi l’Europa.
Certo, senza guardarsi in giro, basta vedere come Berlusconi tratta con disprezzo la magistratura del nostro Paese. Non è solo urgente la necessità di «abbassare i toni», ma di tacere. È vero che Dio ha dato all’uomo il dono della parola, ma Berlusconi ne approfitta. Ha perfino l’intervistatore di fiducia: non ama le domande così dette «provocatorie» ma neppure i monologhi possono essere presentati come colloqui.
Appena arrivato a Palazzo Chigi Berlusconi si è comportato come se fosse entrato in «ditta»: ha risolto con un tratto di penna i suoi casi, tipo «falso in bilancio», il che autorizzerebbe noi sudditi a presentare la prossima dichiarazione dei redditi con qualche aggiustamento.
Ancora una conferma che la legge è uguale per tutti, ma per qualcuno di più. Quando noi eravamo scolaretti insegnavano che tra i peccati gravi c’è la bugia: se la dico io sono un mentitore, se la dice un politico è uno stratega.
“Le parole e chi ne abusa” (e manipola i fatti), anche qui.
mericonci
9 Nov 07 at 16:50 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Biagi Vs Berlusconi
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vegekuu
9 Nov 07 at 23:04 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
bellissima!
Beatrice
utente anonimo
11 Nov 07 at 10:31 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>