“(…) Lo spiega bene un altro campione di democrazia, Sergio Marchionne. Dopo gli incitamenti del presidente della Repubblica sulla necessità e l’urgenza di queste, pessime, riforme, è l’amministratore delegato dell’azienda automobilistica a spronare il presidente del consiglio. Marchionne, che è un fan di Renzi, lo invita a «tener duro» (il linguaggio è tutto), e lo rassicura sostenendo che se per bastonare gli operai avesse dovuto aspettare le riforme sul lavoro sarebbe ancora «impaludato». (Poi finalmente è arrivato il ministro Poletti e il più è stato fatto). Dunque le riforme, prima ancora che per i frutti promessi servono per la manipolazione del terreno che seminano. (…)” Dall’editoriale di Norma Rangeri, oggi su il manifesto. Quissù la mia vignetta.