Lia, il divorzio e i diritti delle donne musulmane. Il personale è politico, reload

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Premessa non richiesta: lo so, è un blog di vignette, ma leggete tutto il post, ne vale la pena. Succede che fino a luglio era un po’ che non sentivo Lia. Il ritorno dall’Egitto a Milano ed ancora il nuovo trasloco a Genova (che gli fo pure una vigna). Così a luglio ci salutiamo per chat e mi racconta, con naturalezza e col suo stile satirico-amaro, di un amore contrastato e contrastante, complicato. Tutto normale, tutto sommato. Particolare: ello è musulmano, peraltro non un “musulmano-qualunque” (niente nomi, please). Lasciamo perdere i particolari, diciamo che nel bel mezzo di questo amor, Lia e mister x si sposano. “Sembra fatto apposta: lui sposa islamicamente Lia di Haramlik perché è lei, raccontatrice di arabeggianti vicende. E lei sposa islamicamente il Mullah di noialtri perché è lui: uno che, da queste parti, rappresenta l’islam non solo per come è ma – soprattutto – per come dovrebbe essere. (…)” Poi, poi: “certe islamiche triangolazioni tra mogli in contemporanea, giusto quello. Accenni intrigati, prima, e poi via via più esauriti, ché giuro che non ricordo di avere mai vissuto nulla di più stralunante di ‘sto condominio sentimentale che un giorno racconterò ai miei nipotini e che – devo ammetterlo – per quanto sostanzialmente tragico ha avuto dei momenti che definire esilaranti è poco. Ma l’amore non è emblematico, cosa vuoi raccontare? E’ venuto, ha fatto un casino che bastava la metà e poi se ne è andato. Come tutti gli amori del mondo.(…)” E allora Lia vive la vita in diretta di una islamica in Italia lasciata dal marito. E comincia una riflessione che dal personale si fa collettiva, si fa politica. “mi sta accadendo una delle cose più interessanti del mondo: la diretta di quello che succede, in questo paese, a un bel numero di donne, musulmane e non, immigrate e non, dal momento in cui si ritrovano in questo mondo parallelo fatto di luoghi di culto non riconosciuti come tali, dove si celebrano matrimoni che non valgono nulla se non dal punto di vista morale e religioso e che, infine, divorziano senza giudici e senza regole, senza una rete sociale di sostegno e senza nessuno da cui potersi andare a lamentare se ne escono a pezzi (…)” Insomma ora la questione da parlare e vivere è proprio questa: “la donna nell’islam, massì. Proprio lei. Qua, in Italia.” E i suoi diritti, il divorzio, appunto, ad esempio. Ad agosto allora le dico: Lia, se serve, sono con te e le mie vignette a disposizione. Ci risentiamo qualche giorno fa, lei ha deciso e si va al chiarimento, per lei, per tutte le musulmane in Italia. E si da il via alla campagna: "Un buon divorzio musulmano è possibile, basta una commissione. E’ un diritto delle donne musulmane". Continuate a seguire la vicenda ‘che il “diluvio” è già cominciato ma anche gli attestati di solidarietà (autorevolissimi, metterò link piullà, e anche personali) all’amica Lia e alla “causa” sono già molteplici. Rimanete sintonizzati, ne vedremo delle belle.
Link per leggere direttamente Lia: Il divorzio ai tempi dell’islam (e dei blog); L’islam per cui spendersi; Senti un po’, islam italiano.

Written by Mauro Biani

Novembre 1st, 2006 at 3:14 am

No Responses to 'Lia, il divorzio e i diritti delle donne musulmane. Il personale è politico, reload'

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  1. L’argomento mi sembra complesso e forse le mie domande sono sciocche: 1) Mi sembra di aver capito che l’unico matrimonio LEGALE musulmano che si possa stipulare in Italia e’ alla grande Moschea di Roma, quindi tutti i matrimoni celebrati altrove non hanno valore legale, ma solo morale. E’ vero?

    2) Non basterebbe allora sposarsi ANCHE con rito civile in un qualsiasi municipio? Un mio amico che si è sposato con rito buddhista, si è poi sposato anche in Comune.

    Ciao!

    beatrice1973

    1 Nov 06 at 10:47

  2. Dunque, Beatrice:

    1. Sì, è vero, nel senso che la Moschea di Roma celebra (così pare) solo matrimoni destinati a valere legalmente. Quindi devi essere libero di Stato etc. per sposarti lì.

    Però tutti i matrimoni islamici, ovunque vengano contratti, hanno un valore religioso che, per una comunità religiosa, deve valere tanto o più di quello legale. Quello che io chiedo è una concreta presa di coscienza, su questo. Ritengo che la comunità debba affrontare le proprie contraddizioni e cominciare uno sforzo, serio, di moralizzazione al proprio interno.

    2. Sia per le caratteristiche dei musulmani d’Italia (pensa ai clandestini, solo per fare un esempio…) sia per la specificità dell’islam (poligamia, tempi di divorzio diversi dai nostri etc.), non sempre il matrimonio civile è possibile. Del resto, anche se lo fosse, ti assicuro che un numero rilevantissimo di musulmane in Italia continuerebbero ad avere un filo molto più diretto con la comunità che con i Palazzi di Giustizia. (Me lo ricordo, io, quando divorziai civilmente, l’impazzimento e i milioni spesi!!). Quindi, con o senza effetti civili del matrimonio, una comunità islamica degna di questo nome deve affrontare con correttezza e senso etico il problema al proprio interno.

    Il resto sarà compito di battaglie diverse da questa. 🙂

    utente anonimo

    1 Nov 06 at 13:05

  3. (Non ci posso credere: ma ho davvero scritto “libero di stato” con la maiuscola??? Gessù, che idiota.)

    Lia

    utente anonimo

    1 Nov 06 at 13:06

  4. Ciao Mauro, era d’obbligo passare da te, e devo dire che non mi aspettavo di trovarti impegnato in una bella campagna che trovo giusta e importante, legittima e non solo perchè io sono donna.

    Perchè vivo in un paese che ha lottato per l’emancipazione femminile ( discorso lungo quanto la giustizia italiana) e in un territorio ( il meridione) dove le donne hanno subito situazioni umilianti fino a pochi decenni fa..

    Lungi da me paragonarle alla situazione di Lia, ma questa esperienza mi permette di sentire maggiore vicinanza con il suo problema, che poi è di tante.

    Ciao!

    marzia

    1 Nov 06 at 23:07

  5. Bhè, sono spiazzato, devo capire bene di cosa stiamo parlando per poter farmene un’idea.

    ma55

    2 Nov 06 at 01:17

  6. divorzio musulmano??? ma non era la lapidazione??

    No, bando agli slogan orribilmente leghisti, una mia cara amica ha ottenuto il divorzio in Francia. Per lasciarle tenere le bambine abbiamo dovuto preparare pagine e pagine di memorie in cui la valutavamo un’ottima madre ed educatrice, nonchè fedele alle leggi dell’Islam. La storia è durata parecchio ma alla fine il velo è stato tratto….

    ciao.

    palommellarossa

    2 Nov 06 at 19:34

  7. mmm… mi pare che sia problema della comunità islamica più che problema della “comunità” di Sinistra.

    Lei(Lia) ha un problema di divorzio interno alla comunità islamica mi pare

    Beh ci devono pensare i “tutori” della religione islamica a risolverlo.

    Per quanto riguarda lo Stato italiano, io non sono favorevole al Concordato con la Chiesa Cattolica quindi non vedo perchè dovrei essere favorevole al Concordato con la religione musulmana.

    Libera chiesa in libero Stato.

    Chi si sposa civilmente ha un matrimonio con diritti civili, gli altri facciano domanda per i PACS (sperando di introdurli).

    Si può pensare all’opportunità di concordati che sanciscano la validità civile del matrimonio religioso per questioni di burocrazia (evitare la doppia cerimonia e via dicendo).

    Premesso che ciò è una concessione al clericalismo che gradisco poco, tale accordo Stato/religione può aversi solo a patto che:

    1) le regole dello Stato italiano siano rispettate

    2) vi sia una controparte islamica che firmi tale accordo.

    sono punti non realizzabili nella situazione attuale.

    In parte ne ha colpa lo Stato (troppo diffidente), in parte (la maggiore) ne ha colpa la comunità islamica che non riesce ad organizzarsi in maniera seria.

    La questione però è islamica e tale deve rimanere.

    Le regole dello Stato devono per forza di cose seguire percorsi prudenti, i vari imam che spuntano di qua e di là invece possono essere più snelli se davvero vogliono risolvere la situazione.

    Se poi non la vogliono risolvere, non si può chiedere allo Stato , opere di sussidiarietà alla religione.

    La religione DEVE rispettare le regole dello Stato, si faranno accordi SOLO laddove le rispetta.

    Laddove non si rispetta i canoni per ottenere il matrimonio civile NON deve esser istituito il matrimonio islamico con valore civile; poi se nel matrimonio islamico non valido civilmente intervengono comportamenti illegali allora lo Stato DEVE intervenire per REPRIMERE tali comportamenti e punire le persone responsaibili

    e la politica deve intervenire per sputtanare tali convenzioni.

    discorso questo valido per qualunque fede

    l’Islam non deve subire discriminazione ma neanche privilegi

    saluti laici

    filomenoviscido

    3 Nov 06 at 19:07

  8. Ma difatti, filomenoviscido, Lia vuole proprio confrontarsi con la/le comunità islamiche per i diritti di tutte le donne islamiche in Italia (in particolare per quelle più deboli in situazioni simili). Cioè l’intento dichiarato è quello di prendere spunto dal suo caso (vero) e far uscire allo scoperto (e dai recinti), con trasparenza, il dettato coranico sui divorzi, costringendo gli uomini a rispettarlo. Insomma, sei islamico? Beh rispetta l’Islam in tutto, non solo per quello che fa comodo. Poi è, secondo me, vero che questa trasparenza, favorirebbe cmq il dialogo, pure duro e dialettico, anche con gli altri italiani (religiosi o meno). Quindi “l’iniziativa” dovrebbe essere supportata da tutti coloro che credono, laicamente, nel confronto come mezzo costruttivo di convivenza e riconoscimento.

    Mauro

    broiolo

    4 Nov 06 at 03:27

  9. Lo Stato e la politica legislativa, per ora c’entra poco. I processi (e l’individuazione di diritti), solitamente, cominciano nella cosiddetta società civile.

    M.

    broiolo

    4 Nov 06 at 03:32

  10. beh se la questione è islamica dovrebbe essere dibattuta su “blog islamici” di varia tendenza piuttosto che su quelli di Sinistra (che questi ultimi se ne interessino è certo pregevole culturalmente ma poco concludente “politicamente”), un dibattito tra gente di Sinistra sul maggior diritto delle donne all’interno del matrimonio oggi è insensato poichè già si è svolto decenni fa.

    quali sono i canoni per portare l’attenzione alle autorità islamiche? ma soprattutto esistono autorità islamiche che sia in grado (e vogliano) prendere posizione per questa riequilibratura?

    da quel che so io all’interno della comunità islamica religiosa prevale l’ala ultraconservatrice (associazione imam Mahdi, UCOII eccetera) perchè l’Islam “laico” è stato massacrato per le sue posizioni “filooccidentali” (forse un po’ di autocritica di chi ha ridicolizzato gli esponenti laici sarebbe necessaria)

    passando all’Islam

    per come vedo le cose da profano e dando un parere da “bar” (come diritto di noi blogger):

    1) l’Islam come tutte le religione ha visto per secoli un’interpretazione patriarcale delle sue regole, in cui gli uomini hanno chiuso gli occhi verso i loro doveri ed esaltato i loro diritti. Una riequilibratura sarebbe corretta e su questo appoggio l’iniziativa . Anzi dico : ERA ORA che si decidessero dall’interno dell’Islam a far queste campagne , soprattutto se musulmani di Sinistra. Come possiamo aiutare questa campagna? e loro sono disposti a portare il contrasto fino in fondo eventualmente ci dovrebbe essere un NO delle comunità conservatrici?

    2) le regole islamiche come quelle cristiane hanno un humus che , rispetto alla mentalità laico/atea, è filomaschile. Nessuno può negare che vi siano versetti coranici che inneggiano alla “sottomissione” della moglie rispetto al marito a cui viene dato il compito di essere giusto. La cosa è diversa dalla uguaglianza “illuminista” poichè nell’Islam la donna cede (termine forzato ma che rende l’idea) una parte dei propri diritti all’uomo e l’uomo deve gestirli equamente.

    Finchè questa “padronanza” maschile non viola la legge italiana dovrebbe essere consentita… e se qualcunA si lamenta .. beh ha voluto la bicicletta ed ora pedala.

    Se si crede in una religione si devono accettare anche le sue regole. Bisogna difendere il diritto delle religioni (all’interno del rispetto della legge) a mantenere inalterato la propria identità senza dover per forza cedere alle mode edonistiche dei suoi membri.

    Ultimamente si confonde la laicità con il lassismo è ciò è davvero sconsiderato.

    buona fortuna a Lia per la sua vicenda

    saluti

    filomenoviscido

    4 Nov 06 at 12:13

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