Continua l’avventura di “Casablanca” (con miei disegni di copertina e vigne all’interno) che arriva al numero 3 coi contributi, tra gli altri, di Margherita Hack, Rita Borsellino, Lidia Menapace, Gian Carlo Caselli. Del numero 1 ne avevamo parlato qui, e poi avevamo accennato al numero 2. Per richiederlo o per info: riccardoorioles@gmail.com
Riporto “clandestinamente” (che Orioles mi perdoni) e in anteprima, l’editoriale del direttore Riccardo Orioles, una nuova riflessione sul caso Betulla-Farina (già trattato qui) e sul giornalismo veramente “libero”.
“Che fine fanno – tanto per dirne una – tutte le polemiche di salotto su Farina? Renato Farina, braccio destro di Feltri, è quello che ha affermato che Enzo Baldoni era amico dei terroristi iracheni. L’ha scritto nero su bianco, avendone dunque (visto che è un giornalista) le prove. Non l’ha scritto perché ce l’avesse in particolare con Baldoni – che gliene frega – ma così tanto per fare lo scoop, per l’effetto. Bene: questo Farina è un "giornalista" o no?” Farina, per rispondere alla domanda che retoricamente ci ponevamo due anni fa (in internet, su San Libero del 30 agosto 2004), è senz’altro un giornalista, o tale almeno è stato considerato da tutto l’establishment, di destra e di sinistra, in tutti questi anni. Sul “terrorismo” di Baldoni, e su molte altre cose, si pensava che egli avesse delle opinioni – per quanto ributtanti – e le opinioni sono sempre sacre. Ora risulta invece che Farina, iscritto all’Ordine dei giornalisti e regolare redattore di un quotidiano, veniva pagato dai servizi segreti e che veniva utilizzato per vere e proprie campagne decise in alto loco. Non è un caso nuovo in Italia. Anche un Carlo Del Re, negli anni ‘30m veniva pagato dall’Ovra e la cosa a un certo punto saltò anche fuori. La faccenda, a quei tempi, destò scandalo e, nonostante il regime, non furono molto i giornalisti che continuassero a considerare collega un tipo del genere. Oggi invece se ne chiacchiera un po’, ci si fa su qualche battuta e poi amici come prima. Ma che c’entra con noi, e con noi siciliani, tutto questo? Beh: molti giornalistri siciliani hanno passato la loro vita affermando che la strage di Portella era un comune caso di nera, che la mafia era un’invenzione dei comunisti, che i cugini Salvo o i Cavalieri erano dei rispettabili imprenditori e che noi “professionisti dell’antimafia” raccontiamo un mucchio di balle. Hanno tutto il diritto di scriverlo, se è la loro opinione: ma è davvero farina del loro sacco? O ricevono ordini? Uomini, o caporali? E chi lo sa. Comunque, chi scrive così fa carriera, mentre chi scrive contro generalmente no. Fra tutti i vari assetti del potere in Sicilia, quello dell’informazione è senza dubbio quello più rigidamente controllato. Qui può capitare benissimo che a un giornalista venga impedito persino di lavorare come operaio (caso Benanti) perché è “nemico degli americani”, o che un editore decida da un momento all’altro di licenziare il novanta per cento dei redattori (caso Telecolor), perché così gli aggrada. E che nessuno sostanzialmente vi si opponga, tranne pochi Otto giornalisti uccisi, e chissà quanti imbavagliati: è questo, non gli “eroici furori”, il motivo che ci spinge a lavorare – non rinunciando alle regole del mestiere – al di fuori di quel sistema. Lavoro serio, onestà, rispetto del lettore: è questo che cerchiamo di insegnare ai giovani,e grazie a Dio non è un insegnamento che cada nel vuoto. L’obiettivo, certo non solo nostro ma che noi forse ci poniamo più coscientemente di altri, è di giungere prima o poi a una vera e propria rete nazionale (l’internet aspetta ancora che impariamo a usarlo fino in fondo) dell’informazione reale, quella che banalmente raccoglie le verità. Non esiste in Sicilia (ma la Sicilia è condensato d’Italia, le fa da scuola) un problema più grave di quello della mancanza d’informazione. Le traversie quotidiane delle persone, le prepotenze, le angherie, la stessa mafia, dipendono in ultima analisi da essa. Non sembra che le “forze politiche” (per usare il pomposo termine ufficiale) se ne accorgano molto. Per fortuna se ne accorgono i giovani, o una buona parte di loro, quelli a cui tranquillamente ci affidiamo”.
Esisterà un modo per ricevere questo giornale anche a Roma, anzi in provincia di Roma???
andrij83
14 Lug 06 at 12:34 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
Il giornalismo investigativo, quello che fornisce prove spesso risolutivo in alcuni casiu, è cosa rara, si vede solo in qualche fumoso noir americano alla John Houston, oppure a Report.
Speriamo che si riprenda.
Labbrablu
14 Lug 06 at 20:49 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>
andrij83, “Casablanca”, se non in Sicilia o in qualche libreria (poche) del resto d’Italia, può essere richiesto direttamente al direttore Riccardo Orioles: riccardoorioles@gmail.com
MauroB.
broiolo
14 Lug 06 at 21:35 edit_comment_link(__('Edit', 'sandbox'), ' ', ''); ?>